Il bisogno di essere perfetti

Il bisogno di essere perfetti, di sentirsi a posto e impeccabili di fronte a un (ipotetico) giudizio esterno è figlio della “paura di sbagliare”. Questa paura ha radici molto profonde in ognuno di noi e nell’intera società in cui viviamo, è quella paura che ci costringe compulsivamente a guardarci da fuori, non perché prima abbiamo battuto le strade interne al nostro essere e quindi siamo arrivati a una visione completa anche dall’alto, ma per sfuggire da quell’interiorità, da quella intimità con noi stessi che istintivamente ci terrorizza. 

La triplice Hecate – William Blake

Restando da soli con le profondità di noi stessi, nella fatica e sofferenza di stare totalmente nudi e presenti a se stessi, si disvelano i mostri nascosti negli anfratti sotterranei e si può cominciare a portare Luce all’interno del nostro buio personale. Tutti lo abbiamo, lo siamo, quel buio. La scelta è solo nel volerlo guardare, nell’inchinarsi davanti all’immensità del nostro non sapere e fare quell’unico passo verso l’ignoto. 

Questo è l’inizio del lungo processo di scegliere di amarci.

L’amore che ci è stato insegnato è stato raramente verso noi stessi e molto più spesso verso l’esterno, ci siamo abituati a elargire grosse parti di noi stessi senza riuscire ad ascoltare la nostra voce interiore, ci siamo abituati a uscire fuori di noi senza prima abitare il dentro, come a voler toccare un punto lontano per noi irraggiungibile, ci siamo strappati; oppure nel movimento complementare, ci siamo rintanati solamente al nostro interno, senza portarvi prima la Luce, e da lì abbiamo lasciato che i demoni del profondo gestissero la nostra vita.. 

Così è accaduto che il movimento della nostra energia interna è stato da noi indirizzato prima verso un punto lontano da noi e poi infine verso la mente, chiedendole di fare per noi l’impossibile, nella speranza che ci tornasse indietro quello che avevamo dato.

Questo movimento ha impoverito il nostro terreno interiore, semplicemente lo ha sfruttato e non lo ha nutrito. La terra di cui siamo fatti è stata considerata come una cosa di cui si poteva disporre a piacimento, abbiamo sperperato le sottili energie della nostra anima.. e alla fine molti di noi si accorgono di essere rimasti “a secco”, spompati, sfiniti interiormente. 

Da questo punto partiamo tutti.

Questo è il punto in cui ci troviamo quando iniziamo ad aprire gli occhi sul mondo.

Da questo punto a tanti viene molto facile rimanere all’esterno del proprio essere e trascorrere la vita a giudicare. O similmente, rimanere rintanati nelle buie profondità di se stessi e passare la vita a lamentarsi. Le prime vittime del nostro giudizio siamo stati immancabilmente noi stessi e la soluzione più immediata per superare il fastidio di avere a che fare con un sé che non ci approva è stata “fare tutto al meglio”.. non si può più sbagliare.

L’intreccio sta nel fatto che “sbagliare” è uno dei sinonimi di “fare”, e fare è Vivere.  Così nella ricerca sterile di quella approvazione personale viene ostacolata la spinta alla Vita, ci blocchiamo prima di partire veramente, rimanendo in un limbo nello spazio di intermezzo tra il dentro e il fuori di noi. Quel temuto giudizio esterno, superficiale, che abbiamo afferrato come unica arma contro la sofferenza, impedisce la nostra espressione, la nostra unicità e i nostri talenti: il compiersi del nostro Destino.

Lasciarmi andare, nel senso di affidarmi alla Vita, mollare le braccia e il collo e sentire l’inchino interiore che ne deriva, mollare il controllo sul respiro, affidarmi alla saggezza del corpo, affidarmi al movimento del Grande Fiume che scorre dentro di me e attraverso di me, questo è Vivere: inchinarsi all’ignoto, accettare di non conoscere il futuro e agire lo stesso, questa è la scelta dell’Anima e questo è quello a cui mi voglio affidare.. per fare esperienza della vera magia della Vita.

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