L’incontro con la Medicina

L’origine della cultura occidentale è per la maggior parte dei suoi appartenenti avvolta in un grande mistero, così grande e così fitto che non se ne avverte più nemmeno la presenza.
Anche la cultura occidentale, così come le altre culture del mondo che durano da millenni, si basa su individui che hanno portato su questo piano di esistenza il “seme” e la volontà del Divino, incarnandolo e facendo sì che apparisse in forma visibile, come sostanza, nuove idee e sentimenti che muovono le coscienze di colore che ne fanno parte. Essi sono i primi Antenati della nostra tradizione occidentale.

Dentro ognuno di noi c’è, anche solo inconsciamente, la ricerca delle vere radici, il bisogno di far “ritorno a casa”, che prende forma sotto molti aspetti. Uno di questi è il ricollegamento con il Sacro, che nella nostra cultura appare offuscato e relegato nelle parti più profonde della nostra coscienza.
Per questo motivo siamo sempre alla ricerca di qualcosa di “mistico” e chiediamo alle altre culture di darcelo, come accade con l’oriente, oppure lo “prendiamo” spesso senza rispetto dalle tradizioni tribali.

Ma cosa dire della tradizione sacra che ha dato origine alla nostra cultura occidentale? Nessuna cultura può durare per 2500 anni se non prende linfa da piani più sottili, se non è specchio di una volontà più grande.

Il dialogo tra la Scienza occidentale e la Mistica orientale non è sufficiente per ricucire lo strappo creato dall’aver dimenticato le nostre radici, dall’aver dimenticato chi siamo.

La tradizione sacra che ha dato origine alla cultura occidentale contiene anche lo scopo e la linfa vitale che dà nutrimento e forma a ogni pensiero che facciamo, a ogni sentimento che proviamo, a ogni intento che emaniamo. Ed è importanche che la consapevolezza di questo riemerga dal nostro profondo e ritorni a dare vita alle nostre azioni e ai nostri pensieri, così da non essere più condizionati a tenerli a bada nel sottosuolo della nostra ignoranza, lasciando che agiscano attraverso di noi come demoni, invece che come forze di guarigione, quali sono se riportare alla luce della coscienza.

Il “seme” della cultura occidentale è stato portato qui 2500 anni fa da individui che parlavano antico greco, pur non essendo greci, e che hanno portato una nuova consapevolezza per gli esseri umani di queste terre, un nuovo modo di vedere il mondo, un modo che oggi non riusciamo più a ricordare, se non in brandelli sconnessi ed echi frammentati. Il loro è stato un intento chiaro e preciso, non una prova, né tantomeno una casualità. Certe cose non accadono “per tentativi”, accadono solo se vi è una profonda connessione spirituale con la Fonte del Sacro e un intento cristallino per realizzare in terra ciò che viene donato dal Divino su altri piani di coscienza.

Ecco perché si parla di un “seme” che viene “piantato” consapevolmente da un altro mondo in questo.

Il richiamo che sentiamo forte verso le tradizioni sacre è la voce di questa consapevolezza, dell’anima dell’Occidente, che chiama per essere riconosciuta di nuovo, per essere riportata alla luce. Essa è la fonte di ogni ricchezza e creatività che la nostra cultura ha, e il fatto che da più di qualche secolo questa cultura si stia sfaldando, sempre più inesorabilmente, è la dimostrazione di quello che sto dicendo. Riportare alla luce l’anima dell’Occidente significa lasciar morire i vecchi schemi che negano il “sacro” della nostra cultura e lasciare che la spinta creatrice di ciò che siamo veramente riporti in essere “cose” che da tempo sono state dimenticate. Cose molto belle.

E’ necessario che arrivi qualcosa di nuovo, di molto più intero e completo, che prenda il posto della finzione di vita che stiamo conducendo ora, anestetizzati dentro delle macchine, mezzi cibernetici e mezzi morti.

E’ un percorso lungo il disintossicarci dalla bulimia di pensiero a cui siamo abituati, dalle ideologie legate a vittoria-fallimento, ma è questo percorso o la fine. Non c’è un’altra occasione. Non c’è più altra energia di quest’anima dell’Occidente da sperperare e abusare, così come si è fatto nei 2000 anni precedenti. O si decide di cambiare e si prende il nostro posto nel mondo, il posto che il Divino ci ha assegnato essendo nati qui, o la giostra si spegne con noi sopra… e non è una fine auspicabile!

L’anima che sostiene l’Occidente è incredibilmente pura, come luce liquida, che è penetrata nella terra, in questa terra inquinata che abitiamo, e ha portato le qualità dell’Amore Divino, che ci sostiene e ci nutre nonostante la nostra incapacità di apprezzarla, vederla e amarla. E’ qualcosa che è qui con noi da millenni e di cui abbiamo bisogno di diventare consapevoli, ma non intellettualmente ocnsapevoli, altrimenti di nuovo interferiremmo troppo con il suo sottile operato. E’ qualcosa che dobbiamo imparare a sentire nel Cuore e a lasciar andare nella mente.

Ritornare a imparare a essere presenti nel mondo, a osservare con presenza senza voler afferrare niente. Non c’è molto da saper fare, è più un imparare a non-fare, l’importante è volerci mettere la nostra completa attenzione. Questo nel nostro mondo si chiama “completare il cerchio”: riportare qui le cose che sono state perdute e rimetterle al loro posto.

Fino ad ora stiamo vivendo in uno spazio fortemente condizionato da idee che non ci aiutano a vivere bene, al contrario il nostro rapporto con il Divino è molto distorto da quello che era in origine l’intento dei primi Antenati della nostra tradizione culturale.

Pitagora, Parmenide, Empedocle e qualche altro individuo di grande connessione spirituale, portarono i “semi” divini qui sulla terra, cioè portarono qui le “leggi” che permettono a quel piano di esistere, e le insegnarono alle coscienze degli occidentali di 2500 anni fa, in un modo molto ingegnoso riuscirono a “seminare” il terreno di nuovi semi, così che per tempo i fiori sarebbero sbocciati nelle opere della cultura occidentale.

Ippocrate, considerato il Padre della Medicina occidentale, visse anch’egli 2500 anni fa, e in un suo discorso contro Empedocle dichiara le seguenti cose: <Ci sono certi medici e sofisti che dicono che è praticamente impossibile avere una conoscenza certa di come guarire qualcuno, a meno di non conoscere cosa E’ un essere umano. E dicono con convinzione che chiunque voglia essere un vero guaritore debba prima avere una solida conoscenza di di cosa realmente E’ un essere umano. Le cose che dichiarano sfociano nel campo della filosofia, tra questi Empedocle e altri come lui, scrivono di come le cose sono venute in essere, descrivono cosa è un essere umano e da dove si è generato fino a raggiungere il principio primo. Essi spiegano come gli esseri umani sono venuti a essere e come si sono formati. Ma per quanto mi riguarda, considero tutte queste descrizioni avere poco a che fare con la scienza della medicina, così come lo hanno l’arte del disegno o della pittura. Secondo la mia opinione, l’unico modo per arrivare a una chiara conoscenza di come le cose sono arrivate ad essere come ora sono, è solo attraverso la continua pratica medica>.

Ippocrate era uno di quei “terreni” che non erano pronti per accogliere tutti i “semi” della nostra tradizione occidentale, ma soltanto quelli della prova sperimentale e del ragionamento razionale, quest’ultimo seme molto apprezzato dai più, tanto che è diventato una pianta talmente infestante che ad oggi genera follia e angoscia nella maggior parte delle menti. I nostri Antenati ci avevano donato molti altri “semi”, e tutti andavano piantati e curati, così che quelle piante si controbilanciassero a vicenda. La razionalità è stata vista da subito come una pianta facile, una di quelle da poca manutenzione, la metafisica e la mistica sono sempre state piante che richiedono una cura costante.. e la pigrizia ha avuto il suo prezzo.

Conoscere “cosa E’ un essere umano a partire dal principio primo” è la base di ogni Medicina che vuole curare l’essere umano nella sua totalità, in maniera “olistica” diremmo oggi. Non basta prendersi cura del bipede umano che abbiamo di fronte, c’è molto altro che sfugge all’occhio. C’è bisogno di “vedere” con un senso che va oltre le apparenze del corpo e di fare esperienza diretta di cosa siamo realmente, solo dopo avremo la capacità di curare.

Per la medicina come la conosciamo oggi, non c’è spazio per il Divino. Essa continua a operare nell’illusione che i nostri corpi non abbiano bisogno della grazia divina per muoversi.

Empedocle era un mistico e un guaritore. E spesso i guaritori appartenevano all’antica categoria dei Phylosophes coniata da Pitagora, che indicava i saggi del tempo, coloro che ricercavano la conoscenza attraverso la mistica unita alla ragione. Oggi non ci ricordiamo più il significato della parola “filosofia” perché è stata ampiamente sporcata dai rigurgiti intellettualoidi di 2000 anni di storia.

Empedocle sottolinea che per essere in grado di guarire è necessario andare “dietro” al mondo dei sensi, di “vedere” all’origine dell’essere umano, per comprendere chi siamo veramente e così essere in grado di portare guarigione su tutti i livelli di esistenza in cui siamo.
<In questo mondo materiale non possiamo toccare il Divino, non è possibile arrivare a raggiungere il Divino in modo da toccarlo con i nostri sensi. Sebbene i sensi siano per gli umani i principali canali di percezione, essi sono l’unica strada che li porta alla conoscenza.>
Non c’è accesso attraverso i sensi al Divino, essi sono impotenti, non ci possono dare accesso al principio primo, ci mostrano solo la fine, dove siamo ora. Per “completare il cerchio” nella nostra tradizione bisogna andare all’origine, al principio primo, e “unire il principio con la fine”.

Alcmeone, un medico pitagorico, che visse nello stesso periodo di Ippocrate disse semplicemente questo: <Uomini e donne muoiono per un unico motivo: perché non sono più in grado di ricongiungere il principio con la fine>.

Sentire la semplicità e la completezza di questa frase. Nessun giro di parole, nessuna spiegazione razionale, nessuna tesi. Semplicemente un fatto espresso per quello che è, come era d’uso anche nelle tradizioni orientali. Un fatto che può essere espresso in questo modo solo da qualcuno che ha fatto esperienza diretta di ciò che dice. Altrimenti tale semplice frase non sarebbe nemmeno pensabile.

Attraverso i sensi non abbiamo accesso al principio primo (Ex Arches), questo è alla base del materialismo scientifico scettico in cui viviamo ancora oggi, dove se Dio non si può toccare, misurare, allora non esiste..
Quindi cosa fare? L’idea di abbandonarei i sensi e “volare via” in una realtà più “alta” è stata un’altra delle idee malsane della nostra società, perseguita stavolta dalla religione, che ha smesso di onorare il corpo e i suoi sensi e ha smesso di vivere in questo piano materiale, con tutte le conseguenze che ben conosciamo..

Tutti questi “errori”, tutte queste strade a fondo cieco, sono state intraprese solo perché i primi Antenati della nostra tradizione sacra sono stati derisi e dimenticati. E’ tutto qui. Se avessimo seguito i loro insegnamenti, per come ce li avevano trasmessi, vivremmo adesso in un giardino fiorito. Ma così non doveva essere, e così infatti non abbiamo voluto che fosse. Dovevamo prendere la strada “lunga” per arrivare ad accorgerci dei meravigliosi doni che il Divino ci aveva già elargito, molto prima che noi ce ne accorgessimo.

Come dicevo prima, l’anima che sostiene l’Occidente è incredibilmente pura e sottile, e un problema del genere non poteva essere risolto solo con l’uso della mente. Serviva l’intero essere umano, non solo una sua piccola parte. Questo è quello che ci hanno trasmesso i nostri primi Antenati, ad agire come esseri umani interi, a non frammentarci. Essi infatti portavano la conoscenza non da un punto di vista mentale, ma da un punto di vista più ampio, che la razionalità può solo fraintendere. E forse oggi, sull’orlo della distruzione, siamo finalmente in grado di ascoltare tutto quello che 2500 anni fa avevano da insegnarci.

Empedocle è colui che ci ha insegnato come usare davvero i sensi, per ritrovare l’unità di ciò che siamo e da lì fare l’esperienza del Divino. I sensi ci sono stati donati dal Divino, e possono essere utilizzati per ritrovare la nostra immortalità, essi sono i nostri organi di percezione per il Divino. E ci insegna che in realtà noi non stiamo davvero usando i nostri sensi, crediamo di usarli, invece li teniamo costantemente chiusi, non li apriamo e per questo non riusciamo a percepire nulla, se non piccoli frammenti senza connessione. Perché non ci ricordiamo più che cosa significa “vedere”, che cosa significa “udire”, che cosa significa “gustare” e “toccare”; è questo che significa quando i saggi dicono che siamo “addormentati”.

E oggi non siamo “più perduti” di 2000 anni fa, è solo che l’energia dell’anima dell’Occidente inizia a scarseggiare, se non le diamo nuovamente vita riportandola alla luce della nostra consapevolezza e cambiando quindi le nostre azioni quotidiane.

Costantemente qualcosa ci sta chiamando, qualcosa che udiamo, o tocchiamo, o vediamo. Ogni cosa che percepiamo con i sensi è qualcosa che ci chiama attraverso la volontà Divina e che ci chiede una sola cosa: <Per favore, prestami la tua attenzione>. E se noi rispondiamo coscientemente ai sensi, rendendoci conto che in quel momento stiamo percependo qualcosa attraverso la grazia e la volontà Divine, iniziamo a percorrere la strada per riaprire i nostri sensi. Continuando per questa strada, integreremo ogni cosa che possiamo vedere nel nostro campo visivo e saremo coscienti di essere lì a vederla, integreremo inoltre ogni cosa che udiamo con le nostre orecchie e resteremo coscienti di vedere e udire, e integreremo ogni cosa che ci tocca o che stimola il nostro olfatto e gusto e resteremo coscienti di vedere, udire e sentire. A questo punto, bisogna lasciar allargare la percezione al suo massimo grado, standocene rilassati e presenti a ogni cosa e poi, dice Empedocle, <accade>1.

Empedocle chiama i sensi “palmi”, come quelli delle mani, che sono un luogo nascosto, in cui riceviamo le cose e con cui diamo forma alle cose, e che ha un’accezione anche di mistero e sottigliezza, infatti con i palmi si può anche raggirare qualcuno, fare un trucco di mano da prestigiatore.. Questo per sottolineare che i sensi sono pieni di trucchi e inganni, ma non per questo la “soluzione” è non usarli.
Anche nel taoismo i sensi sono indicati con i palmi e anche lì viene detto di tenere i palmi aperti in modo da “poter contenere tutto l’universo”.

L’importanza di rimanere rilassati e accogliere nei palmi tutto quello che arriva è l’invito a non usare la nostra piccola volontà per accorgerci di alcune cose e lasciare in ombra altre, ma abbandonare ogni volontà dell’ego e lasciarci trasportare dalla volontà Divina in un altro mondo.
C’è tutta la conoscenza sull’uso dei sensi che non abbiamo mai integrato nella nostra cultura, ma che fa parte dei “semi” che ci sono stati donati fin da principio. E visto che l’ironia non può mancare, l’unica cosa che abbiamo utilizzato è stato solo il nome di questa pratica trasmessaci da Empedocle, storpiato fino a non riconoscerne più l’origine. Empedocle aveva chiamato la pratica di aprire i sensi “senso comune”, ma da Aristotele in poi è stata distorta e oggi ha tutta un’altra accezione di significato.


Bibliografia:

  1. Peter Kingsley, Reality, 2004. ↩︎

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