Viene detto spesso che l’Occidente è una cultura razionalistica e diretta verso la teoria delle cose. E’ vero, oggi questo è quello che si vede. E come ogni albero, la pianta che rappresenta l’Occidente ha le sue fronde, il suo tronco e le sue radici. E se vogliamo vedere qual è la parte vitale che sostiene un albero, un’intera cultura, dobbiamo necessariamente andare alle sue radici.
Senza le fronde e le foglie anche le radici faticano a sopravvivere, ma lo fanno, come fanno gli Ulivi potati male ogni anno che vedo ai bordi delle strade, strappati della loro vitalità verde perché una tradizione popolare sostiene che “è meglio così”… NO, non è meglio così, e chi ricorda cosa significa essere una pianta, comprende bene che le foglie verdi sono i suoi Polmoni. La maggior parte del nutrimento e della potenzialità di quei poveri Ulivi sta nelle radici, che accumulano il nutrimento per i casi di magra come durante le potature folli.
Ecco, questa è la storia della nostra civiltà.
E non crediate che basta cambiare nazione o continente per essere “al sicuro”. Le conoscenze dei lavori sistemici ci dimostrano che è impossibile uscire dal Sistema a cui apparteniamo. Siamo occidentali, nelle foglie, nel tronco e nelle radici. E tali rimaniamo. Se ci nutriamo solo di Oriente o Africa o culture tribali, quello che facciamo a noi stessi è nutrire la divisione interiore e la confusione mentale, finché il nostro tornco si spacca. Significa che ci condanniamo a vivere una vita dannata, in un corpo che non trae nutrimento dal terreno circostante, come una coltura idroponica. E i nostri frutti, saranno similmente insipidi e innaturali.
Non sto dicendo che contattare altre culture millenarie sia un male, anzi. Sto sottolienando il fatto che il nostro nutrimento di base è necessario che provenga dalle Acque sotterranee alla Terra in cui affondano le nostre radici.
Come faccio a dire tutto questo? Perché lo sento fin dentro le ossa.

Nelle radici rimane il ricordo di un qualcosa che abbiamo profondamente dimenticato, ma che non è ancora del tutto perduto. Se lo fosse, questo mondo per come lo conosciamo imploderebbe, poiché non ci sarebbe più energia spirituale a sostenerlo. Se ancora siamo qua a usare un pc e ad andare in automobile, è perché ancora rimane un filo argentato che ci collega allo Spirito della nostra civiltà Occidentale.
C’è qualcosa che da tanto tanto tempo è stato dimenticato.
Nella moderna società in cui viviamo, parlare di misticismo significa sproloquiare di qualcosa di “assurdo” e “inesistente”, e c’è sempre l’alta probabilità che questa parola venga usata da persone che non ricordano il vero significato che essa veicolava nei tempi in cui veniva coscientemente adoperata. I mistici della nostra tradizione occidentale, erano delle persone profondamente pratiche, il che vorrebbe dire profondamente spirituali, che hanno portato qui i semi di una nuova cultura da un altro mondo, il mondo dello Spirito, visitandolo nei loro viaggi sciamanici, e hanno dato forma e struttura al mondo in cui viviamo e di cui usiamo le forme mentali con cui pensiamo. Tali mistici oggi li possiamo intendere con il nome di sciamani, ma vi assicuro che questa parola è profondamente riduttiva.
Essi erano nominati Iatromanti (iatro = guaritore, medico; mantes = veggente, colui che viaggia nei mondi).
E nella misura in cui appartieni alla cultura occidentale, Essi sono i tuoi Antenati.
Persone come Pitagora di Samo, Parmenide di Velia, Empedocle di Agrigento, hanno messo le basi delle discipline che oggi conosciamo e con cui lavoriamo: chimica, fisica, astronomia, biologia, retorica, logica. Ma queste basi vennero poste con una consapevolezza e un intento che oggi non sappiamo più contattare, poiché la loro saggezza e conoscenza, le possibilità dello Spirito a cui sapevano attingere, oggi da noi vengono culturalmente considerate solamente un mito, e nulla più.
E questa non è la storia di come sono stati misinterpretati, no. Loro, come tutti i grandi saggi, sapevano bene che sarebbero stati misinterpretati. Sapevano molto bene che i doni che portavano, venivano elargiti a dei bambini, che avrebbero preso quello che avrebbe attirato per primo l’attenzione, senza rendersi conto della totalità del dono.
Ma il problema si pone perché quei magnifici doni elargiti più di 2500 anni fa, oggi non funzionano quasi più. Siamo arrivati al capolinea, alla fine del percorso, e davanti a noi si para un enorme muro che priva di senso tutte le nostre azioni verso il futuro.
Sto esagerando? No.
Lo vediamo molto bene nel primo posto in cui questo si rende visibile: l’Arte. Da tanto tempo non c’è più una corrente musicale innovativa, un modo di dipingere originale. Le serie tv e i film sono ripresentazioni di storie già narrate, o sequel di trilogie già concluse. Non c’è più Nulla. C’è solo quella stagnante sensazione che tutto è fermo e non si sa più dove andare, dove mettere il prossimo passo.
Non c’è quasi più nulla.
Quel filo argentato esiste ancora, anche se sembra sempre più difficile entrarvi in contatto, perché stiamo andando sempre più veloci e sempre più ossessionati, da cosa non si sa più bene. Abbiamo tutto. Tutto. Siamo arrivati al picco del benessere, abbiamo cibo quando e come desideriamo, ripari, case, macchine, lavori, possibilità di comunicazione. Abbiamo tutto. Tranne quello che più conta: il collegamento con lo Spirito. E senza quello, tutti questi magnifici doni non sono mai abbastanza, continuiamo a vivere in questa bulimia culturale, mai sazi, mai paghi, sempre più smunti e disperati.
Nel mio lavoro questo si vede bene con i bambini, che non si sono sentiti amati da piccoli, e che però sono stati nutriti e vestiti ogni giorno, puliti e sistemati e mandati a scuola. Ma non si sono sentiti amati. E questo crea un forte sbilanciamento tra il Cuore, che ha bisogno di Amore per vivere e dare senso alla vita, la Pancia, che ha bisogno di protezione e tempi lenti per sentire i propri bisogni, e la Testa, che riverbera tutti i traumi imbottigliati in questi bambini (i cui Corpi intanto sono diventati adulti, mentre all’interno ancora c’è il Bambino ferito che vuole urlare la propria disperazione) e che viene fuorviata e dissociata dal Corpo, con metodi coercitivi ormai rodati da secoli.
Quindi come si esce da tutto questo?
Non esiste un fuori, quindi non c’è possibilità di uscire e di “farla franca” ancora una volta. La strada è finita. Siamo davanti al muro. Davanti al mitologico crocevia di Ecate la trivia, in quel famoso Ade che si crede essere sotto terra e che invece vive nelle profondità di ognuno di noi. Solo una strada di quel crocevia porta verso l’Essere, e le altre non vanno da nessuna parte. Ma come fare per scegliere? Beh, i nostri Antenti ci avevano lasciato le istruzioni proprio per questo momento, e grazie all’infinito Amore dello Spirito, esse sono di nuovo arrivate a noi, sottoforma di vari mistici/studiosi, che nei secoli hanno tramandato gli scritti degli antichi Antenati della nostra cultura.
Come si fa a scegliere con saggezza è scritto nel poema di Parmenide.
Ma chi lo conosce più il Greco arcaico? E sopratutto, chi lo sa più tradurre in maniera appropriata? Perché, se lo traduce un topo di biblioteca dell’università di Oxford, stai sicuro che sarà una pila di “stronzate” (uso questo termine con un’accezione scientifica, in questo caso è l’unica parola che rende il senso appropriato).
Quindi come fare?
Esistono rari individui che sono stati toccati profondamente dallo stesso Spirito che ha ispirato i nostri Antenati, e fortunatamente uno di loro è capitato vicino a me, tanto che ho potuto leggere tutti i suoi libri e ascoltare tutti i suoi audio. E ironia della sorte, lui è un letterato di Cambridge, ma uno un po’ strano, che parla di linguaggio degli uccelli, di universi che vivono dentro di noi, e cose del genere. Uno che è facile etichettare come un po’ “svitato” e lasciarlo andare per la sua strada. Come avremmo fatto se ci fossero capitati davanti Parmenide o Empedocle. Fortunatamente qualcosa in me si è risvegliata quando sono entrata in contatto con il primo dei sui 5 libri. E così la mia vita non è stata più la stessa, tutto il non-senso è ritornato ad essere senso e la forte tristezza che internamente provavo si è trasformata prima in un’immensa nostalgia e poi in un ululato di solitudine e di gioia.
Questa persona che sa come tradurre i testi dei nostri antichi Antenati è Peter Kingsley.
E se siete arrivati alla fine di questo lungo articolo, vi consiglio di cominiciare con il libro In the dark places of Wisdom, che è il secondo della serie ma che va letto per primo, fidatevi. Ed è da leggere solo in Inglese, poiché egli stesso mi ha detto che la versione in italiano è stata tradotta male e lui non la approva. Ad alcuni questo potrà apparire come un’ulteriore difficoltà, ma l’alternativa è molto peggio, e se non riuscite a vedere l’urgenza di effettuare un cambiamento, vuol dire che forse non è questa la vita in cui questo dovrà accadere. Va bene così.
Spero che questo viaggio prosegua per voi nello scioglimento delle barriere, che sono prima di tutto dentro di noi e solo dopo appaiono all’esterno. Buon viaggio.

