Una storia che vive nelle nostre Profondità

La Mente è una parte fondamentale per essere umani, così come lo è il Cuore, non si tratta di scegliere l’uno o l’altra, questo crea solo conflitto interiore e unilateralità dell’esistenza, si tratta di riconoscere i diversi ruoli che essi hanno e conoscere l’ordine con cui avvalersi di queste funzioni umane. Gli antenati che hanno dato vita alla nostra cultura occidentale si erano premurati di fornirci anche il libretto di istruzioni con cui orientarci nella nuova forma che il mondo aveva preso.

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La spinta all’individualizzazione era più che mai potente e la cultura Occidentale del pensiero individuale fu seminata, per permettere a quelle energie universali di trovare una forma compiuta e così proseguire il movimento della Coscienza. Più o meno 2500 anni fa la cultura in cui oggi viviamo e che ci fa agire in certi modi e non in altri è stata portata qui dal mondo spirituale, attraverso Pitagora fu creato il contenitore in cui inserire il nuovo seme, attraverso Parmenide fu piantato il seme di un nuovo mondo e una nuova era: sopraggiunse il tempo di riconoscere la nostra individualità e di imparare a usare la funzione psicologica insita come seme in ognuno di noi.

Parmenide oggi non lo ricorda quasi più nessuno, pochi lo identificano sotto l’etichetta “filosofi presocratici”, ma la verità e l’origine del mondo in cui viviamo inizia da lui. A quei tempi non esistevano le divisioni tra scienza e magia come sono definite oggi, e Parmenide insieme a molti altri era quello che oggi sapremmo riconoscere solo con il termine di “sciamano”, per la precisione era uno iatromante: una figura che significa sciamano-profeta-mistico-guaritore. E ancora, detto questo, Parmenide non era quello che riusciamo a immaginare. Era molto di più. Come per tutte le cose create, anche le civiltà provengono dal mondo dello spirito, e come con tutte le cose create a portarle “qui” serve un umano che si pone come emissario tra quel mondo e questo, così da impiantare i semi dello Spirito nella Terra.

Parmenide era uno iatromante e sacerdote di Apollo, l’antica divinità solare mediorientale precedente al pantheon olimpico, e visse e operò nella sua vita a Velia, dove creò una dinastia di iatromanti, oggi sito archeologico in Campania. Il seme della nostra civiltà fu portato da Parmenide dal “mondo di là” attraverso la concessione di una Dea, la Grande Dea, che gli descrisse per filo e per segno cosa fare con questo nuovo seme e come utilizzare le nuove capacità mentali che esso avrebbe veicolato.

Purtroppo già i contemporanei di Parmenide presero il dono della Dea e buttarono via le istruzioni su come usarlo, dando origine all’eccesso di pensiero razionale e di mentalismo da cui siamo divorati oggi, che è la semplice e ovvia conseguenza di quella incuria protratta nei secoli. Cosa disse la Dea a Parmenide? Gli insegnò a pensare nell’unica maniera in cui il pensiero non diventa una condanna verso la pazzia, gli rivelò che l’unica maniera di pensare è che tutto ciò che vedo, tutto ciò che sento, tutto ciò che tocco e tutto ciò che penso, se lo posso pensare o sentire è perché Esiste già, prima di me che ne faccio esperienza, e se invece cerco di pormi al di fuori di quello che penso o sento cercando di “capirlo” allora sto percorrendo la via della pazzia, perché quel “fuori” non esiste, tutto è dentro l’Essere e io faccio parte dell’Essere, non può mai succedere che me ne tiri fuori per una visione “oggettiva”, quello che in realtà succede è che la mia coscienza si spacca in due e che inizio a considerare “vera” solo una metà di me e “falsa” un’altra.

A quei tempi il pensare non era ancora una funzione esasperata della testa come lo è oggi, la sua sede era nel torace, nel petto inffatti risiede l’unione di pensiero ed emozione, quello era ciò che veniva definito “sentire”. Un’emozione veniva sentita nel petto, un pensiero aveva accesso nel corpo attraverso il petto.

Il giusto modo di pensare, come insegnato dalla Dea, era in fondo semplice nella sua infinita potenzialità: considerare ogni cosa di cui posso fare esperienza fisica, mentale o spirituale come già Esistente, non tirarmi fuori dall’esperienza dicendo cose tipo “voglio accettare la realtà”, perché in questo modo io non sto più partecipando alla realtà, ho creato un mondo contorto in cui mi appare che la realtà io possa accettarla o meno: invece io sono la Realtà, io sono l’Essere, e ogni cosa che posso pensare o esperire mi mostra sempre e ancora una volta cosa è l’Essere, quell’unica cosa che esiste, che io sono e che percepisco sia da dentro sia da fuori. Ci vuole molta contemplazione per arrivare a far germogliare questo seme della Dea dentro la nostra interiorità, molto tempo dedicato alla comprensione di questo enigma, che una volta germogliato mostra uno dei più grandi misteri della vita.

Il petto è la sede del Cuore fisico ed energetico, e anche in medicina cinese il Cuore è la giusta sede della dualità, il luogo in cui bianco e nero stanno insieme e non sono mescolati in un tutto informe, come nella pancia, ma sono distinti e copresenti insieme. Grazie a questo l’Essere Umano può distinguere “io” e “tu” e può sentire grazie al “tu” la presenza del proprio “io”, della propria esistenza, e grazie all'”io” la presenza dell’altro e della meraviglia dell’incontro continuamente inaspettato e inimmaginabile con l’esterno.

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